Partiamo dal centrodestra e partiamo dal kingmaker del centro destra, Matteo Salvini. Nel suo salotto ha sia l’elefante che la mucca, come direbbe Pierluigi Bersani. Le difficoltà sono rappresentate dalla mucca Forza Italia che, orfana di Berlusconi che con il ritiro ha consumato forse il suo ultimo atto politico, guarda alla possibilità di un futuro centrista che allarga la sua prospettiva a Renzi, che sta dall’altra parte, a chi è già uscito da Forza Italia come Romani e Toti e a un mondo ampio che trova al momento una sua temporanea casa nel gruppo misto. E loro pensano ad un Presidente della Repubblica centrista che, come Pier Ferdinando Casini, abbia una appartenenza centrista di lungo corso e che sappia ragionare con entrambi i poli. Paolo Romani a Rainews24 ha fatto un endorsement molto diretto all’ex presidente della Camera. E questo variegato mondo del centro ha un proprio kingmaker nemmeno tanto nascosto: Matteo Renzi.
Lui, piaccia o meno dal punto
di vista politico, è quello che ne capisce di più. E’ lui che, alla fine,
staccando la spina al Conte 2 – ha portato Draghi a Palazzo Chigi. Ed è lui
che, per primo, ha messo lì sul tavolo il nome di Pier Ferdinando Casini. Che però non piace a Salvini che dice che non
sarà certamente tra i nomi sollecitati dal centrodestra. Resta l’opzione
Draghi. Ma Draghi serve al Kingmaker Salvini se riesce a far passare la propria
linea tesa a mitigare la crescita elettorale dell’elefante del gruppo: Giorgia
Meloni. La Meloni non entrerà mai al
governo con Draghi. L’azione di opposizione, dura, puntuale, la fa crescere nei
consensi proponendosi come unica forza capace di far propri i temi una volta
leghisti della sicurezza e della protezione dei confini dall’arrivo dei
migranti. Temi sensibili per l’elettorato di centro destra. Ed è per questo che
Salvini, nel giocare la carta Draghi, è chiaro. In ogni caso alla lega serve il Viminale. Ma chiede ciò che destabilizza la maggioranza attuale. Politicamente,
sulla vicenda migranti, un pezzo della coalizione che sostiene il governo
Draghi lo ha condannato. Movimento cinque stelle e Pd non possono accettare
Salvini agli interni. E così c’è freddezza per il sostegno a Draghi. E su
questo Fratelli d’Italia gioca: “Certo – dice Rampelli – non possiamo essere
noi a fare il nome di Draghi”.
Poi c’è il fronte progressista. Il kingmaker in questo caso,
vuoi o non vuoi, lo fa Enrico Letta. Il suo problema è quello dei ragazzi maggiorenni
che vogliono uscire con una ragazza ancora minorenne. In che senso?
Tra il giovane maggiorenne e la ragazza ancora minorenne non
si possono mai decidere le cose da soli. Il giovane Letta, dunque, non ha
problemi nel definire la propria decisione con i suoi genitori che possiamo
immaginarli come PD per padre e Leu per madre. E’ libero, maggiorenne e la
famiglia si fida di lui. Ma la ragazza? La ragazza, che potremmo identificare
in Giuseppe Conte, ad ogni ipotesi sul loro futuro che Letta fa è sempre la
stessa: “Si, sono d’accordo, ma devo parlarne con i miei”. E i suoi, quelli di
Conte, esercitano pressioni e per di più sono divorziati. E così la questione è
complicata.
Sul Quirinale i pronostici sono sempre complicati. Ed è per
questo che avanzare un’opzione è complicata. Per Gasparri, Draghi, dunque,
dovrebbe stare nella sala operatoria, quindi a Chigi. E a quel punto, io avanzo
l’ipotesi, il Presidente della Repubblica che soddisfi entrambi gli schieramenti magari non sarà Pier Ferdinando Casini, ma l’identikit
è quello. Se non apparirà nelle liste dei due schieramenti la sua posizione si
consoliderà di sicuro.
Infine entrambi gli schieramenti non possono accettare l’ipotesi
che due tecnici occupino sia la carica di Presidente della Repubblica che
quella di Presidente del Consiglio. E
per questo l’extrema ratio, che piacerebbe a molti, è quella che tutto resti
così come è ora. Mattarella di nuovo al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi.
Poi, dopo il voto delle politiche, si vedrà se modificare le cose.