E’ da qualche
tempo che quando scrivo o parlo con amici e colleghi devo fare sempre una
premessa. Prima era: “Io ho fatto la terza dose, sono favorevole ai vaccini,
non sono un no vax”. E poi provavo a spiegare le mie considerazioni legate al
fatto che nell’era che definisco – e non sono il solo – della Pandemocrazia, c’è
una restrizione dei diritti che io vedo se non anticostituzionali almeno al
limite della costituzionalità. La proliferazione dei decreti del presidente del
consiglio, lo scarso ruolo del Parlamento, la restrizione dei diritti per i non
vaccinati quando, se è vero come è vero che le vaccinazioni proteggono (mentre
scrivo sono a casa con il Covid dopo la terza dose), quelli che rischiano sono
loro. Ma questa è un’altra storia, non ancora passata probabilmente, ma un’altra
storia.
L’altra
storia è quella della guerra tra Russia e Ucraina.
Anche qui
premessa a mia salvaguardi. Non ho mai indossato magliette con la faccia di
Putin. Per me uno che chiude la bocca dei giornalisti anche col piombo, uno che
modifica la Costituzione del proprio Paese per restare a capo dello stesso fino
al 2036, uno che in Georgia e in Cecenia, o in Siria ha fatto quel che ha
fatto, uno che mette in carcere gli oppositori che a volte muoiono non si sa
per quale ragione è e resta un dittatore fin da quando ancora non aveva invaso
l’Ucraina e la Crimea. E quindi qualche sanzione più sostanziosa di quelle
fatte rima della Guerra l’avrei gradita. Ma come ne gradirei anche ad altri, come
Erdogan, che non è uno stinco di santo e che con i giornalisti ha, diciamo,
qualche problema di convivenza pacifica. O come l’Egitto, e mi fermo qui.
Condanno
Putin anche per l’invasione dell’Ucraina,
ovviamente, e questa guerra atroce che sta ammazzando persone: civili e
militari, anche questi ultimi con madri, padri, mogli e figli.
Ma, come
giornalista, qualche dubbio su quel che sta accadendo mi viene. E francamente,
proprio perché faccio questo mestiere, sarebbe sbagliato se non mi venisse perché
non stimolerei la mia curiosità o farei l’errore che troppi fanno: quello di
non avere memoria.
Quando nel
1992 Gorbacev dette il via libera alla disgregazione dell’Urss, quando si
sottoscrissero i patti per la riunificazione tedesca, lui stesso racconta che
ci fu un accordo fra le parti per evitare un allargamento della Nato ad Est.
Quindi, diciamo, le ragioni o se vogliamo chiamarle le “scuse” di Putin hanno un
fondamento storico.
I rapporti
dell’Europa e della Nato con la Russia non sono stati mai positivi. Mi chiedo,
dunque, se la diplomazia o i servizi dei diversi paesi europei non avevano
immaginato che di fronte a questo allargamento della Nato prima o poi lo Zar si
potesse un tantinino incazzare.
Poi provo
anche a leggere non l’informazione russa ma quella occidentale. Leggo che
Lavrov, il ministro degli esteri russo, afferma che in Ucraina c’erano dei
laboratori di ricerca biologica che trattavano cose sicuramente poco belle e
che erano finanziate dagli Stati Uniti. Ammettiamo che, come dicono gli Usa,
siano falsità. Allora, però, mi chiedo perché l’OMS ha consigliato all’Ucraina
di distruggere i patogeni conservati in alcuni laboratori.
Come
contesto, purtroppo, la scarsa attenzione della mia Europa a quel che dal 2014
è accaduto nelle regioni ucraine del Donbass dove con le armi e anche
attraverso l’uccisione di civili, si stavano compiendo atti che un Paese civile
non avrebbe mai compiuto di fronte ad una richiesta di maggiore indipendenza
della popolazione filorussa.
La situazione esplose nelle proteste dell'Euromaidan nel
2014, con il conseguente colpo di Stato che destituì Janukovic, costretto alla
fuga, e vide l'instaurarsi di un governo nazionalista, fortemente anti russo a
guida di Petro Porošenko. Ne seguì un'ondata iconoclasta, similmente
a quanto avvenne nei paesi baltici in seguito al crollo dell'URSS, i
manifestanti anti russi abbatterono le statue di epoca sovietica, le
amministrazioni cambiarono il nome dei luoghi pubblici che evocavano il passato
sovietico e li sostituirono con i nomi dei collaborazionisti. Particolarmente
emblematico fu l'abbattimento delle statue di Lenin e la loro
sostituzione con quelle del collaborazionista Stepan Bandera.
Anche la
festa nazionale venne modificata, non più il 9 maggio, che è la Giornata
della vittoria dell'URSS sul nazismo, ma il 24 agosto, Giornata
dell'indipendenza ucraina dall'URSS. Ciò non avvenne in Ucraina orientale, dove
anzi qualsiasi tentativo in tal senso era fortemente osteggiato dalla
popolazione, che iniziò a mobilitarsi per staccarsi dall'Ucraina. La situazione per la
comunità russa si faceva infatti sempre più difficile: le autonomie concesse
dai governi precedenti vennero tutte revocate, l'uso e l'insegnamento della
lingua russa vennero fortemente limitati e iniziarono a diffondersi
episodi di grande violenza nei loro confronti, il più celebre fu la Strage
di Odessa del 2 maggio 2014, dove almeno 48 russi vennero bruciati vivi
nella Casa del Sindacato”.
Infine so che
la democrazia è fatta anche di realpolitik. So che portare Putin al tavolo
della trattativa non è cosa semplice. E so anche che più tempo passa, più sarà
difficile ottenere accordi migliori. Ho paura che per l’Ucraina le due
Repubbliche del Donbass, la Crimea e la città di Odessa siano perse
definitivamente e che qualsiasi accordo non potrà trovare per quella zona una
soluzione diversa che non sia quella dell’autonomia da Kiev. Come sono convinto
che qualsiasi accordo non potrà fare a meno di cedere sul fatto che l’Ucraina
mai entrerà nella Nato, almeno fino a quando non cambino un po’ di cose in
Russia.
Questo perché,
a meno che non si voglia trasformare un conflitto che sul campo è ancora tra
due Stati (tre con la Bielorussia) in qualcosa di molto più pericoloso, la
Russia questa guerra la vince. La vince soprattutto in quei territori
filorussi.
Sarei felice
se non finisse così, come sarei stato felice se, alla fine della seconda guerra
mondiale, avessimo conservato l’Istria e la Dalmazia. Ma proprio per la
realpolitik quello non fu possibile.
Infine mi
sento di condividere il pensiero dei colleghi del sindacato della tv di stato
Greca. Non è vietando all’occidente di leggere le informazioni di parte che
giungono dalle tv e dalle agenzie russe che si evita che qualcuno in occidente
sia Putiniano. C’è sempre chi è disposto a mettere una maglietta con la faccia
del dittatore.