sabato 12 marzo 2022

Dico la mia su questa sporca guerra

E’ da qualche tempo che quando scrivo o parlo con amici e colleghi devo fare sempre una premessa. Prima era: “Io ho fatto la terza dose, sono favorevole ai vaccini, non sono un no vax”. E poi provavo a spiegare le mie considerazioni legate al fatto che nell’era che definisco – e non sono il solo – della Pandemocrazia, c’è una restrizione dei diritti che io vedo se non anticostituzionali almeno al limite della costituzionalità. La proliferazione dei decreti del presidente del consiglio, lo scarso ruolo del Parlamento, la restrizione dei diritti per i non vaccinati quando, se è vero come è vero che le vaccinazioni proteggono (mentre scrivo sono a casa con il Covid dopo la terza dose), quelli che rischiano sono loro. Ma questa è un’altra storia, non ancora passata probabilmente, ma un’altra storia.

L’altra storia è quella della guerra tra Russia e Ucraina.

Anche qui premessa a mia salvaguardi. Non ho mai indossato magliette con la faccia di Putin. Per me uno che chiude la bocca dei giornalisti anche col piombo, uno che modifica la Costituzione del proprio Paese per restare a capo dello stesso fino al 2036, uno che in Georgia e in Cecenia, o in Siria ha fatto quel che ha fatto, uno che mette in carcere gli oppositori che a volte muoiono non si sa per quale ragione è e resta un dittatore fin da quando ancora non aveva invaso l’Ucraina e la Crimea. E quindi qualche sanzione più sostanziosa di quelle fatte rima della Guerra l’avrei gradita. Ma come ne gradirei anche ad altri, come Erdogan, che non è uno stinco di santo e che con i giornalisti ha, diciamo, qualche problema di convivenza pacifica. O come l’Egitto, e mi fermo qui.

Condanno Putin  anche per l’invasione dell’Ucraina, ovviamente, e questa guerra atroce che sta ammazzando persone: civili e militari, anche questi ultimi con madri, padri, mogli e figli.

Ma, come giornalista, qualche dubbio su quel che sta accadendo mi viene. E francamente, proprio perché faccio questo mestiere, sarebbe sbagliato se non mi venisse perché non stimolerei la mia curiosità o farei l’errore che troppi fanno: quello di non avere memoria.


Quando nel 1992 Gorbacev dette il via libera alla disgregazione dell’Urss, quando si sottoscrissero i patti per la riunificazione tedesca, lui stesso racconta che ci fu un accordo fra le parti per evitare un allargamento della Nato ad Est. Quindi, diciamo, le ragioni o se vogliamo chiamarle le “scuse” di Putin hanno un fondamento storico.

I rapporti dell’Europa e della Nato con la Russia non sono stati mai positivi. Mi chiedo, dunque, se la diplomazia o i servizi dei diversi paesi europei non avevano immaginato che di fronte a questo allargamento della Nato prima o poi lo Zar si potesse un tantinino incazzare.


Poi provo anche a leggere non l’informazione russa ma quella occidentale. Leggo che Lavrov, il ministro degli esteri russo, afferma che in Ucraina c’erano dei laboratori di ricerca biologica che trattavano cose sicuramente poco belle e che erano finanziate dagli Stati Uniti. Ammettiamo che, come dicono gli Usa, siano falsità. Allora, però, mi chiedo perché l’OMS ha consigliato all’Ucraina di distruggere i patogeni conservati in alcuni laboratori.

Come contesto, purtroppo, la scarsa attenzione della mia Europa a quel che dal 2014 è accaduto nelle regioni ucraine del Donbass dove con le armi e anche attraverso l’uccisione di civili, si stavano compiendo atti che un Paese civile non avrebbe mai compiuto di fronte ad una richiesta di maggiore indipendenza della popolazione filorussa. La situazione esplose nelle proteste dell'Euromaidan nel 2014, con il conseguente colpo di Stato che destituì Janukovic, costretto alla fuga, e vide l'instaurarsi di un governo nazionalista, fortemente anti russo a guida di Petro Porošenko. Ne seguì un'ondata iconoclasta, similmente a quanto avvenne nei paesi baltici in seguito al crollo dell'URSS, i manifestanti anti russi abbatterono le statue di epoca sovietica, le amministrazioni cambiarono il nome dei luoghi pubblici che evocavano il passato sovietico e li sostituirono con i nomi dei collaborazionisti. Particolarmente emblematico fu l'abbattimento delle statue di Lenin e la loro sostituzione con quelle del collaborazionista Stepan Bandera. 

Anche la festa nazionale venne modificata, non più il 9 maggio, che è la Giornata della vittoria dell'URSS sul nazismo, ma il 24 agosto, Giornata dell'indipendenza ucraina dall'URSS. Ciò non avvenne in Ucraina orientale, dove anzi qualsiasi tentativo in tal senso era fortemente osteggiato dalla popolazione, che iniziò a mobilitarsi per staccarsi dall'Ucraina. La situazione per la comunità russa si faceva infatti sempre più difficile: le autonomie concesse dai governi precedenti vennero tutte revocate, l'uso e l'insegnamento della lingua russa vennero fortemente limitati e iniziarono a diffondersi episodi di grande violenza nei loro confronti, il più celebre fu la Strage di Odessa del 2 maggio 2014, dove almeno 48 russi vennero bruciati vivi nella Casa del Sindacato”.

Infine so che la democrazia è fatta anche di realpolitik. So che portare Putin al tavolo della trattativa non è cosa semplice. E so anche che più tempo passa, più sarà difficile ottenere accordi migliori. Ho paura che per l’Ucraina le due Repubbliche del Donbass, la Crimea e la città di Odessa siano perse definitivamente e che qualsiasi accordo non potrà trovare per quella zona una soluzione diversa che non sia quella dell’autonomia da Kiev. Come sono convinto che qualsiasi accordo non potrà fare a meno di cedere sul fatto che l’Ucraina mai entrerà nella Nato, almeno fino a quando non cambino un po’ di cose in Russia.

Questo perché, a meno che non si voglia trasformare un conflitto che sul campo è ancora tra due Stati (tre con la Bielorussia) in qualcosa di molto più pericoloso, la Russia questa guerra la vince. La vince soprattutto in quei territori filorussi.

Sarei felice se non finisse così, come sarei stato felice se, alla fine della seconda guerra mondiale, avessimo conservato l’Istria e la Dalmazia. Ma proprio per la realpolitik quello non fu possibile.

Infine mi sento di condividere il pensiero dei colleghi del sindacato della tv di stato Greca. Non è vietando all’occidente di leggere le informazioni di parte che giungono dalle tv e dalle agenzie russe che si evita che qualcuno in occidente sia Putiniano. C’è sempre chi è disposto a mettere una maglietta con la faccia del dittatore. 


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